Festival di Sanremo, prima serata: l’editoriale di Antonio P.

Antonella Clerici cammina come se le si fosse fratturato il femore, e si pone con la stessa veridicità di una banconota da trentacinque euro.


Ironia di plastica, abiti paillettati che non concedono distrazione dalle sue gigantesche tettone; silenzi imbarazzanti. Ho sorriso sotto i baffi con la lunga première di Bonolis e Laurenti, mi sono vergognato per Pupo, Manu Filiberto e Canonico (?), ed ho assistito al World Guinnes record per il maggior numero di “è la verità” umanamente utilizzabili in un dialogo.

Cassano e Antonellina aprono così il festival dell’ovvietà più datata. Sul concludere, i saltellini esaltati, che la Clerici praticava tra i fornelli de “La prova del cuoco”, diventati il balletto degli ippopotami in tutù di “Fantasia”.

Non smetto di chiedermi se sia normale che le uniche cose, che mi abbiano suscitato interesse, siano state le performance estere. Da brividi l’esibizione di Susan Boyle, divinamente glamour quelle di Dita Von Teese.

Ritorno a sentirmi italiano di fronte alla superba coscienza del pubblico votante, che non è caduto nella trappola inscenata da Pupo e dal trito vecchiume melodico. Ho solo una gran voglia di andare a casa della platea che ha fischiato l’eliminazione di Pupo e del principino Emanuele; andrei a casa loro, con la stessa discrezione che la Ventura ha avuto nei confronti delle famiglie che pagano il canone Rai…Ma una volta li, però………….
Antonio P.

Red

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