Yves Saint Laurent, L’amour Fou. Omaggio al genio

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Simbolo di un’eleganza raffinata e profondamente innovativa, è stato il primo a fare indossare i tanto contestati pantaloni alle donne. Diva Universal (Sky – Canale 128) omaggia il geniale Yves Saint Laurent, a 5 anni dalla scomparsa, con “Yves Saint Laurent – L’amour Fou”un documentario firmato dal regista e fotografo Pierre Thoretton.

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Il film racconta l’aspetto più umano del grande stilista attraverso le parole di Pierre Bergé, suo compagno di una vita: gli inizi al fianco del maestro Dior, l’amore per il teatro e per la letteratura (Marcel Proust in testa), il talento visionario e la creatività multiforme di uno stile raffinato e innovatore, le collezioni ricche di suggestioni provenienti dall’arte (Mondrian) e dai luoghi di tutto il mondo (Africa, Spagna, India, Marocco, Russia), l’amicizia con i più grandi artisti del suo tempo (un nome su tutti, Andy Warhol).

L’appuntamento è sabato 1 giugno alle 18.50

Yves Saint Laurent
YVES SAINT LAURENT – L’AMOUR FOU (dur. 99’) FRA 2010

“Ho avuto la fortuna di diventare assistente di Christian Dior a 18 anni, di succedergli a 21 anni e di conoscere il successo con la mia prima collezione nel 1958, 44 anni fa tra pochi giorni. Da allora ho vissuto per il mio mestiere e grazie al mio mestiere e sono fiero che le donne di tutto il mondo portino tailleur-pantalone, smoking, caban e trench. Mi dico che ho creato il guardaroba della donna contemporanea, che ho partecipato alla trasformazione della mia epoca. Mi si perdonerà di farmene un vanto, perché ho creduto da sempre che la moda non servisse solo a rendere più belle le donne, ma anche a rassicurarle, a dar loro fiducia, a permettere loro di essere consapevoli. Ogni uomo per vivere ha bisogno di fantasmi estetici. Io li ho inseguiti, cercati, braccati. Ho sperimentato molte forme di angoscia, molte forme di inferno. Ho conosciuto la paura e la terribile solitudine, la falsa amicizia dei tranquillanti e degli stupefacenti, la prigione della depressione e quella delle case di cura. Da tutto questo un giorno sono uscito, stordito, ma nuovamente in me. Marcel Proust mi aveva insegnato che la magnifica e lamentosa famiglia dei nevrotici è il sale della terra. Non ho scelto questa fatale discendenza, ma è grazie a lei che mi sono innalzato nel cielo della creazione, che ho frequentato i “ladri di fuoco” di cui parla Rimbaud, che ho trovato me stesso, che ho compreso che l’incontro più importante della vita è quello con se stessi.
Nonostante questo, oggi ho deciso di dire addio a questo mestiere che ho tanto amato.”

Con questo discorso intenso e pieno di amore per la moda, Yves Saint Laurent dice addio alle luci della passerella chiudendo definitivamente un’epoca.

Il regista-fotografo Pierre Thoretton sceglie proprio di partire da quel famoso “addio” per far rivivere l’arte del maestro dell’haute couture. Il film è un viaggio dai toni lunari e umbratili in cui si svela una personalità complessa e fragile, nonché una riflessione sulla fama, il lusso, la solitudine. Pierre Bergé, che gli è vissuto una vita accanto e ha visto YSL costruire mondi, forme e stupende residenze, ne contempla, dopo la sua morte, la dissoluzione e la dispersione in un ultimo grande gesto d’amore.
Thoretton filma Bergé mentre prepara l’asta in cui saranno vendute le Opere d’arte della loro collezione privata: quadri, sculture, mobili, oggetti della memoria che troveranno una nuova dimora perché, come dice Bergé, “I becchini dell’arte verranno e porteranno via tutto. È una parte del mio cuore, una parte della mia vita e consegneranno tutto questo al fuoco delle offerte dell’asta. Ma, sapete, perdere qualcuno con cui si è vissuto, con alti e bassi, è un’altra cosa che vedere i propri oggetto d’arte andarsene.”
Yves Saint Laurent e Pierre Bergé si incontrano per la prima volta nel 1957, il giorno del funerale di Christian Dior: “Dopo la morte di un’icona della moda come Dior – racconta Bergé – la comparsa di un giovane di 20 anni come suo successore, un ragazzo miope, con gli occhiali sul naso, i capelli corti, una corporatura allampanata e una timidezza patologica, è stata come un fulmine a ciel sereno.”

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Nonostante ciò, il lancio della pima collezione di Yves è un enorme successo e rivela una personalità destinata a diventare un grande nome della moda. A chi gli domanda cosa si prova ad essere il nuovo Dior, un timido Yves risponde: “Sono soprattutto molto commosso. Sono anche molto felice, ma soprattutto commosso al pensiero di Monsieur Dior.”
Tre o quattro giorni dopo, Marie-Louise Bousquet (corrispondente dell’Harper’s Bazaar), decide di organizzare una cena in Place Blanche: in quell’occasione Yves e Pierre si conoscono e qualche mese dopo decidono di vivere insieme.
Saint Laurent continua il suo lavoro come direttore creativo di Dior finché non viene convocato per fare il servizio militare (era il periodo della Guerra in Algeria) e sceglie di farsi riformare, decisione che porterà alla rottura con la Maison. “Un giorno – racconta Bergé – la Maison Christian Dior mi disse che Marcel Boussac aveva deciso di mettere fine al contratto di Yves e di sostituirlo.”

Da lì nasce la decisione di fondare una propria casa di moda, un passo che richiede tempo e grandi sforzi. Pierre trova un investitore americano e, il 29 gennaio del 1962, in una stradina anonima del 6° arrondissement – lontano dal triangolo d’oro di Avenue Montaigne – viene lanciata la prima collezione di Yves Saint Laurent. È un immenso successo: “Certo, non pensavo che sarebbe stato tutto facile. Ma mi dicevo che tutto sarebbe stato possibile. E lo è stato…”, ricorda Bergé.
Tuttavia con la fama arriva anche l’infelicità e Yves cerca il conforto nella droga e nell’alcol, perché quell’incredibile pressione non è facile da sostenere.
La sua vita è sempre più votata agli eccessi e Pierre, stanco di tutto questo, decide di lasciarlo: “Sono andato a vivere all’Hotel Lutetia. Non sono riuscito ad andare più lontano della fine della sua strada. Per me era molto difficile lasciarlo.”
L’allontanamento di Saint Laurent dalla vita pubblica va di pari passo con il suo malessere, che non fa altro che crescere e peggiorare. “La gloria è lo splendido lutto della felicità. E Yves ne è la perfetta dimostrazione. La sua gloria gli ha portato solo una sofferenza dopo l’altra. Posso dire di averlo visto felice solo due volte all’anno, al termine della sua collezione, quando usciva tra l’acclamazione di una sala che si alzava in piedi per applaudirlo.”
Dopo una lunga malattia (un tumore al cervello), lo stilista si spegne nella sua casa di Parigi la notte del 1 giugno 2008, all’età di 72 anni. Le sue ceneri sono conservate nel Giardino Majorelle di Marrakech in Marocco, villa appartenuta al celebre artista francese e in seguito acquistata e ristrutturata da Saint Laurent e Bergé.
Yves Saint Laurent è stato uno dei più grandi talenti della moda, un genio creativo che ha compreso la sua epoca meglio di chiunque altro e che, tuttavia, non l’ha mai amata. “Cosa dobbiamo dedurne? Probabilmente gli artisti, i veri artisti, dopotutto, vivono la propria vita parallelamente alla loro epoca, ma allo stesso tempo la trasformano.”

Red

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