NFT e gaming, che legame c’è?

Da qualche tempo a questa parte se ne sente parlare spesso. Gli NFT, tecnicamente non-fungible token, servono a rappresentato l’atto di proprietà e il certificato di autenticità di beni unici e si pongono in contrapposizione alle criptovalute. Non sono sostituibili e sono uguali solo a se stessi, impressi in strutture di dati note come “blockchain”. The Sandbox aveva già iniziato a studiare il fenomeno nel 2012 e non ci è voluto molto prima che gli NFT sviluppassero un certo rapporto anche con il mondo dei videogame, attraverso i metaversi.

Decentraland, ad esempio, si basa sulla blockchain di Ethereum e fa sì che ad ogni NFT corrisponda un pezzo di terreno virtuale, pronto ad ospitare future attività economiche. Decentraland è una sorta di dimensione digitale, che ha già iniziato ad attirare l’interesse di società immobiliari. Anche Quartz di Ubisoft è piuttosto chiacchierato. In questo caso gli NFT sono associati a oggetti utilizzati dai gamer e concessi dalla blockchain Tezos. La parola chiave è “unicità”.

Insomma, i tecnicismi possono apparire complessi, ma il succo del discorso è semplice. I videogiochi possono godere d’ora in avanti di tratti più unici e distintivi, per mezzo di veri e propri ecosistemi digitali. Un’iniziativa che impreziosisce l’esperienza di gioco soprattutto nei titoli sparatutto o strategici. Ogni giocatore sarà sempre più diverso dall’altro per qualità e caratteristiche. LevlUp, addirittura, sta introducendo opere d’arte virtuali nei metaversi.

Anche una semplice bevanda può essere considerata tale. Un NFT LevlUp può essere paragonato per certi versi a un quadro in galleria, con la differenza che l’autenticità è registrata e verificata dalla blockchain. I più fanatici stanno già progettando di investire su questo settore, un po’ come accadde qualche anno fa con i bitcoin.

A lavorare sul sistema che regola i blockchain è in primis la compagnia Verasity, che si sta proponendo di organizzare tornei videoludici in Asia, dove i giochi elettronici vanno per la maggiore. Non a caso è già sorto l’Esports Fight Club. Esattamente: i videogiochi non hanno ancora fatto in tempo ad arrivare alle Olimpiadi che hanno già sposato la filosofia degli NFT proiettandosi ulteriormente verso il futuro. Anche gli highlights delle partite saranno di proprietà degli acquirenti e chi assisterà agli incontri delle varie competizioni guadagnerà delle valute, in modo tale che l’ecosistema venga autoalimentato. 

Ad oggi si può già parlare del primo videogame fondato sugli NFT. Si tratta di “Gods Unchained”, un gioco di carte in cui ogni singola carta corrisponde a un NFT, il che ne aumenta a dismisura il valore collezionistico. Sviluppato da alcuni nomi storici della Wizards of the coast, editrice di “Magic: l’Adunanza”, il titolo gode di una certa aura agonistica e intende proporsi anche tra gli esports. A prima vista sembrerebbe tutto molto futuristico e ambizioso, ma d’altro canto anche il mondo delle slot machine online sta per rivoluzionarsi attraverso la virtual reality e probabilmente troverà presto il modo di implementare anche gli NFT. Entro il 2030 la proprietà digitale implicata dagli NFT potrebbe diventare l’ordinario, non solo per quel che concerne il metaverso.

Maximo

Maximo è lo storico autore di Tuttouomini.it Si occupa principalmente di news di gossip e celebrity

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