Le clip rubate a Stefano de Martino: scovati i gruppi Telegram dove sono pubblicati?
Le ultime notizie aggiornate all’11 settembre 2025 riguardanti le clip rubate a Stefano De Martino indicano che si tratta di un vero e proprio caso giudiziario di revenge porn.
I video intimi, rubati illegalmente dal sistema di videosorveglianza dell’abitazione della compagna Caroline Tronelli, sono stati diffusi online. La Procura di Roma indaga non solo per accesso abusivo al sistema informatico, ma anche per revenge porn con l’ipotesi che sia stata una vendetta mirata nei confronti della coppia.
L’inchiesta ha preso corpo dopo diversi sviluppi, tra cui la ricostruzione della diffusione dei video partiti da un presunto “paziente zero” e la scoperta che i contenuti sono stati caricati e venduti su portali web con dominio in giurisdizioni estere complicando l’azione legale. Stefano De Martino ha sporto denuncia e la Polizia Postale sta seguendo le indagini.
Il caso è emblematico di un sistema criminale che lucra sulla violazione della privacy e si configura anche come un ricatto e un’umiliazione pubblica.
Nonostante alcune pagine social contenenti i video siano state chiuse, i contenuti continuano a circolare in rete, anche su piattaforme parallele a pagamento. L’inchiesta si sta concentrando su chi ha avuto interesse a diffondere e monetizzare questi video, con la magistratura che cerca di identificare i responsabili del furto e della condivisione.
I legali del conduttore di Affari Tuoi hanno fatto sapere che sarà perseguito legalmente sia chi ha caricato i video hackerati sul web, ma anche chi li scambia, li invia ad amici e li conserva sui propri dispositivi.
Dove circolano ancora i video e quali piattaforme li ospitano
I video rubati a Stefano De Martino circolano ancora principalmente su piattaforme web non ufficiali e siti con domini esteri che li ospitano per la diffusione e la vendita illegale. Non sono caricati su piattaforme classiche e riconosciute di hosting video come YouTube, Vimeo o Dailymotion, dove vigono regole di moderazione più rigide, ma piuttosto su portali paralleli e siti di streaming a pagamento o in abbonamento difficili da controllare.
