Andrea Gioacchini, in arte Jops, a Xfactor tra rabbia e dolcezza. L’intervista.

Il suo ingresso al Talent X-Factor ha destato polemiche che sono lievitate durante la sua permanenza nel programma. Come tutti quelli che hanno qualcosa da trasmettere lo si può amare o odiare, ma non potrà mai starvi indifferente. Andrea Gioacchini: tra la rabbia e la dolcezza.


Andrea Gioacchini ha 28 anni è nato a Melzo (Mi), segni particolari un neo sulla guancia sinistra. Vanitoso e pigro, come si definisce, è stato, sicuramente, una delle rivelazione di XFactor 2009.

Della vita extra-musicale targata X-Factor si conosce molto poco. I concorrenti sembrano tutti affettuosi e amici. È una sensazione vera oppure qualche iena acida vive là in mezzo ?
Devo dire che mi sono trovato molto bene con tutti i ragazzi, sono stati tutti molto carini con me dal giorno che sono entrato. Credo però di essere stato un po’ mal visto da alcuni per via del mio diverso modo di cantare e di muovermi sul palco, più simile a modelli rock stranieri che a cantanti pop melodici italiani.

Essere diverso dagli altri in quel programma voleva dire essere meno tecnico ma forse più comunicativo. Proprio questa polemica sul “bravo ma non comunica” e “stonato ma fa venire la pelle d’oca” è frequente nei reality artistici. Tu quale credi debba essere la peculiarità principale di un cantante?
Credo che un cantante debba avere un segno distintivo: può essere un particolare timbro di voce o uno stile originale nel cantare. Ovviamente è molto importante anche la presenza scenica e la capacità comunicativa. Io mi sono sempre ispirato a modelli come Kurt Cobain, Joe Strummer, Bob Marley, Jimi Hendrix, tutta gente che non aveva studiato canto, ma che usando la voce in maniera personale è arrivata ad esprimere qualcosa di più grande di tanti altri cantanti più tecnici. Tutto dipende da quanto ci credi, da quanto sei vero. Poi è questione di gusti: personalmente prediligo cantanti “antiaccademici” anche se c’è da dire che in programmi televisivi italiani si tende sempre a dare più credito agli “accademici”, per essere meno attaccati dalla critica, abituata da sempre a modelli Sanremesi.

Andrea Gioacchini, in arte Jops, a Xfactor tra la rabbia e la dolcezza

Ma ti consideri un outsider solo in ambiato X-Factoriano oppure anche nella vita quotidiana?
Mi attira la diversità: sono una persona curiosa, mi piace scoprire cose nuove, specialmente culture diverse dalla mia.  Detesto gli standard. Il mondo ci ha regalato diverse forme di espressione, tutte bellissime, che aspettano solo di essere apprese: fermarsi a quello a cui siamo abituati credo sia un po’ limitante.

Per ore ed ore la polemica sul tuo conto si è arenata sulla non esecuzione di un brano raggae allo stato puro all’interno del programma. Credi che una canzone nel tuo stile ti avrebbe potuto salvare dal ballottaggio?
Non lo so, però sono contento di come sia andata: sono uscito a testa alta. Di certo se avessi avuto più libertà si sarebbe potuto lavorare meglio e azzeccare una mia strada nel programma, anche se questa non fosse stata all’insegna del reggae. Purtroppo però, per come è strutturato il talent-show, questo non è stato possibile.

In Italia è difficile vedere un ragazzo avvicinarsi ad un ambiente di nicchia come quello raggae. Cosa ti ha attratto a questo genere musicale?
Sembra strano dirlo, ma non ho scelto io questa musica: è come se fosse stata lei a scegliere me. Credo che il reggae abbia un tiro e una musicalità particolare, quasi ipnotica, incentrata sul groove di basso e batteria. Quello che amo in particolare di questa musica (quello “roots” suonato da Bob Marley, non quello moderno più simile all’hip –hop americano) è la semplicità delle melodie in contrasto con la complessità degli arrangiamenti. Mi lega anche molto il fatto che sia una musica tanto dolce quanto rabbiosa: proprio come sono io.

Andrea Gioacchini, in arte Jops, a Xfactor tra la rabbia e la dolcezza

Sono stati molti i critici che non hanno visto in te nulla di talentuoso. A prescindere dalla determinazione che puoi avere, hai mai pensato anche solo per un istante che forse il canto possa restare un hobby?
La storia insegna che artisti all’inizio mal giudicati dalla critica, abbiano poi riempito gli stadi: vedi Vasco. Credo però che in poche puntate di un programma televisivo, facendo cover, scelte nemmeno da te ma da altri, sia davvero difficile riconoscere l’effettivo talento di qualcuno.

Ammirevole è il tuo modo decoroso di incassare le critiche. Astrarti dalle chiacchiere è un modo per rimanerne incolumi oppure dentro di te dispensi ingressi gratuiti per “quel paese”?
Della critica di maestri di musica mi importa poco: io canto per la gente. E quello che ho percepito fino adesso fuori dal programma, sono solo cose molto belle: ho trovato tante persone che credono in me e in quello che faccio. Non ho bisogno di mandare nessuno a quel paese, perché come dice Bob Marley “Time will tell”: il tempo dirà quello che valgo. Ora sta a me riuscire a sfruttare nel migliore dei modi questa opportunità e di lavorare nella giusta maniera per tirare fuori quello che ho dentro.

Quindi come vedi il tuo futuro in musica?
Vedo tanto lavoro da fare e spero che questo lavoro mi porti dove voglio. Una cosa è certa: ce la metterò tutta.

Grazie Andrea

Antonio P.

Foto| Collezione privata di Andrea Gioacchini

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