Christmas’s Ávido – Capitolo VII: Esteban Ávido chiede di essere frustato

Al termine del suo urlo di dolore, Ávido, lo spettro e i ragazzi della slitta giunsero dentro un grande capannone, stracolmo di ragazze, uomini, vecchi e bambini, tutti cinesi, tutti industriosi come formiche e tutti sorridenti.

Mangiavano involtini primavera e c’era qualcuno che si strafogava di riso alla cantonese. Tutti parlavano e ridevano chiassosamente, le macchine da cucire, invece, erano ferme. Una ragazza cinese, di tanto in tanto, dava un boccone del suo riso a un ragazzo dall’aria innamorata che le sedeva accanto.

«Quest’anno, il Partito Cinese ha dato l’ordine alla popolazione di festeggiare Natale e Capodanno. Da Shangai a Pechino, tutti i cinesi si rallegreranno mangiando e bevendo. Sono il primo, fra tutti i miei fratelli, che mette piede qui. Bello, vero? Ah… guarda il logo di quelle cinture che stanno fabbricando… Eh sì, non ti sbagli mica. È il tuo logo! Siamo in una delle manifatture cinesi che sfrutti per confezionare i tuoi abiti, ma sembra proprio che al momento non ci sia tanta fretta. Tutto il mondo è coinvolto nel Natale, l’unico che ne è rimasto volontariamente escluso è un nostro amico comune, tale Esteban Ávido», concluse lo spirito aspirando il fumo di un sigaro comparso fra i suoi baffi.
«Io non ho nessuno. Anche se volessi, lo festeggerei da solo, spirito», rispose Ávido tossendo per la puzza del fumo.
«Non prendermi per il culo, Ávido!» tuonò lo spirito facendo roteare la frusta e colpendo lo stilista ai tendini della caviglia! «Hai tuo cugino!»
«Ahi! Sì… Andrea…»
«E non ti ha forse invitato a casa sua per Natale?»

Ávido ricordò d’improvviso il modo poco simpatico con cui lo aveva fatto uscire dal suo ufficiò. Si rabbuiò e gettò uno sguardo sconfortato a quel mar giallo di facce che mormoravano attorno a lui. Mentre ascoltava il loro idioma incomprensibile, e pure un po’ irritante, pensò che in quel momento anche i suoi avversari nel mondo della moda, le sue fotomodelle, i suoi amanti e tanti, tanti altri ancora avrebbero rivolto a chi era accanto a loro una parola più cortese del solito.

Stava per sospirare, quando lo spirito lo frustò di nuovo sulle natiche e un altro urlo lo portò dentro un appartamento che non aveva mai visto prima. Ávido si ritrovò in una sala da pranzo ben illuminata, dove un buon gruppo di amici, qualcuno più effeminato di qualcun altro, cenavano in allegria. Erano Andrea, il suo compagno (un camionista di nome Ruggero che era la copia sputata di Vin Diesel) e i suoi amici. Tutti ridevano a lacrime per l’ultima stupidaggine pronunciata da Andrea.
Dopo aver finito di cenare, ma non di bere, avevano continuato a stare a tavola facendo karaoke in un notebook Apple, con tanto di microfoni. Era una di quelle occupazioni che Ávido aveva sempre odiato. Gli ricordavano Al Bano e Romina Power e non voleva scoprire il perché.

Quando la canzone intonò Holiday di Madonna, Andrea con il microfono in mano e una sigaretta accesa nell’altra disse d’un tratto: «Oh… Peccato che il mio cuginetto non sia qui con noi… Quella testina di ispido suino non ha più cuore!» poi strinse lo sguardo e cercò di leggere le parole inglesi che comparivano sul monitor.
Tutti scoppiarono a ridere per i suoi acuti inaspettati, anche l’invisibile Ávido fece una specie di risata divertito. Poi un pensiero gli attraversò la mente e si fece serio: «Frustami. Ho visto abbastanza», mormorò glaciale.
«Non lo farò. Vedere cosa ti perdi è ben peggiore del dolore che può procurarti la mia frusta» replicò lo spirito.
«Sì… hai ragione. Ma, ora, ti prego… portami via».

Lo zio Nico
Antonio P.

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