Gli Anni Sessanta per gli omosessuali

Fingere di non essere umani è stato sempre uno dei principali obbiettivi di tutte le upper-middle-low classes del mondo.

I più primordiali istinti fisici erano eventi di sporadica tristezza e di sublime imbarazzo. Le debolezze con le conseguenti tentazioni sbagliate non erano concettualmente ritenute possibili. Sesso, droga e rock’n roll erano considerati il fango che poteva sporcare il buon nome della famiglia; buon nome che doveva essere sempre tenuto a riparo dentro l’armadio pieno di naftalina, assieme al vestito buono della domenica. Le argomentazioni che potevano anche lontanamente cadere sugli argomenti scottanti, venivano spenti sul nascere mentre attecchiva il rossore in viso di tutti i presenti fino a cinquanta metri di distanza. Effettivamente credo che nessuno riuscirebbe a immaginare la pacata casalinga Marion Cunningham di Happy Days imbastire discussioni sul vibratore più efficace o sui piaceri del feticismo. Da questo stato delle cose nasce il movimento popolare per eccellenza che abbraccio ogni ramo sociale e artistico. Le pose plastiche, elettriche e sessual allusive di Elvis risvegliavano le ovaie assonnate delle giovani donne; la medicina le tranquillizzava scoprendo antibiotici, pillole abortive e anticoncezionali; gli uomini ne coglievano ben volentieri i risultati. Da ciò nacque una comune perdita di quella folta coltre di libido, connotabile in termini pseudo-filosofici come cultura dell’amore libero. I figli di questa nuova epoca erano gli hippy. Contro l’inquadrata beat generation e a favore del rock psichedelico, dallo smisurato uso di LSD e cannabis ad una fede cieca per i continui e ripetuti atti sessuali occasionali. I gay nella faccenda ci stavano in mezzo e, per una delle poche volte che si ricordi, l’opinione pubblica non se la prese direttamente ed esclusivamente solo con loro. Gli omosessuali non erano considerati i soli artefici della perdita di sacri valori cattolici poiché l’indice ammonitore veniva riversato direttamente contro tutta la massa di giovani scanzonati, a prescindere dalla razza, dall’estrazione sociale e dai gusti sessuali.

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LA VITA DEI GAY NEGLI ANNI SESSANTA. Nell’autunno del 1959, la polizia dell’amministrazione Wagner di New York City cominciò a chiudere i gay bar della città, che erano quasi due dozzine a Manhattan all’inizio dell’anno. Questo provvedimento era in gran parte il risultato di una campagna omofobica di estrema destra concepita dall’editorialista del quotidiano NY MIRROR, Lee Mortimer. I gay bar vennero chiusi in poco tempo, e quelli riaperti ebbero vita breve. L’elezione di John Lindsay nel 1965 ha segnato un cambiamento importante nella politica della città e un nuovo atteggiamento nei confronti della comunità LGBT di New York. Il 21 aprile 1966, Dick Leitsch, presidente della Mattachine Society ed altri di due membri organizzarono una riunione al Julius Bar al Greenwich Village di Manhattan. Ciò scaturì leggi anti-gay nella organizzazione della città. Queste disposizioni prevedevano che per gli omosessuali fosse illegale riunirsi in pubblico e bere alcolici in un bar. Prima di queste leggi il commercio dei gay bar doveva appoggiarsi alla polizia e alla mafia, pagandole. Non appena la legge venne abrogata, i gay bar tornarono ad essere liberi.

I MOTI DI STONEWALL. I moti di Stonewall furono una serie di conflitti violenti fra gli omosessuali e gli ufficiali di polizia di New York. Iniziarono venerdì 27 giugno 1969 all’ 1:20, quando la polizia irrupe nel locale Stonewall Inn, un gay bar aperto senza autorizzazione. Stonewall è considerato una svolta per il movimento per i diritti LGBT di tutto il mondo.

Foto: Google

Antonio P.
Lo zio Nico

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