Intervista ad Antonio D’amico, compagno per 15 anni di Gianni Versace

Da ambizioso modello a protagonista di una delle storie più maledette della cronaca internazionale. Il colpo di fulmine col genio della moda Gianni Versace gli cambia la vita e gli porta quindici anni d’amore, tra lusso sfrenato e intrighi familiari.


Sono bastati poi solo pochi secondi per ritrovarsi senza tutto quello che aveva avuto fino a quel momento. Da niente a tutto per poi ripartire da zero; è questa la storia di Antonio D’Amico.

Com’era la tua vita da giovane modello ambizioso semi-sconosciuto in quel di Milano?
Già dall’età di diciotto anni vivevo da solo e quindi dovevo occuparmi di me stesso. Devo dire che io ho avuto la fortuna di vivere in un periodo che è stato il più bello in assoluto di Milano. Erano gli anni in cui c’era il gemellaggio con New York. Milano era frequentata davvero dalla gente più bella che arrivava da tutto il mondo. Gli anni ’70 e ‘80 sono stati fantastici e io me li vivevo alla grande. Facevo l’indossatore e certi lavori ti danno il privilegio di entrare in una certa cerchia.

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Gianni Versace, almeno inizialmente, ti ha affascinato in quanto personaggio noto a livello planetario oppure questa è stata una cosa che non ti ha mai toccato più di tanto?
Ti sembrerà strano ma a me il divismo non è mai piaciuto e devo dire che quando ho incontrato Gianni io ero affascinato più dal suo lavoro che da lui, almeno in partenza. Ero affascinato dal mondo teatrale e avendolo conosciuto alla Scala per me è stata una folgorazione più per quello che avevo visto. I costumi di quella sera, il palcoscenico, le luci, i ballerini, una sorta di grande spettacolo che mi ha affascinato totalmente.  Lui per me è stato l’incontro piacevole da cui nacque  in principio un’amicizia.  Non ho mai visto in lui il divo o il personaggio famoso. Non me ne poteva fregare prima e continua a non fregarmene ora.

Per Gianni, da buon uomo del sud, la famiglia era tutto e non si stancava il ribadirlo. Com’è stato l’impatto con i suoi consanguinei? Come ci si sente ad entrare nel clan Versace?
Sono un uomo del sud anch’io, quindi la famiglia è parte genetica di noi. L’entrata nella sua famiglia è avvenuta un passo dopo l’altro e mi sono fatto accettare per certi versi. Io mi sono affezionato alla sua famiglia e consideravo Gianni e la sua famiglia la mia seconda famiglia. Nel tempo le cose sono cambiate, non per me ma per loro evidentemente.

Intervista ad Antonio D’amico, compagno per 15 anni di Gianni Versace

Ma il motto “la famiglia è tutto”, ripetuto anche ultimamente da Donatella Versace, era un qualcosa di sentito oppure ad un certo punto era diventato solo una sorta di slogan?
Per quello che so io la famiglia era tutto per Gianni perché la famiglia era rimasta unita grazie a lui. Da quando non c’è più Gianni la famiglia si è disgregata e secondo me non è così importante per Donatella. Gianni credeva davvero nel bene della famiglia e nella sua unità.

Soffermandoci sul personaggio di Donatella, in un’intervista si proclama molto simile caratterialmente a Gianni. Cos’avevano in comune?
Non erano simili neanche un po’. Direi che di Gianni non ha proprio niente, ma proprio niente, proprio zero. Direi che Donatella si può considerare l’outsider della famiglia nel senso che della famiglia Versace non ha niente. Credo che se dovesse mai confrontarsi con me in un’intervista non riuscirebbe mai a dire cose del genere.

Gianni aveva avuto tutto dalla sua vita. Cos’altro avrebbe voluto raggiungere se avesse potuto continuare a vivere?
Si è guadagnato tutto quello che ha avuto. I suoi obiettivi erano infiniti. Gianni era una persona curiosa. Era alla continua ricerca di migliorarsi e di costruire. Non so dirti esattamente dove sarebbe arrivato ma di sicuro non si sarebbe mai fermato. Ogni volta che raggiungeva un traguardo ne aveva già in mente altri. Era instancabile. Lo star bene economicamente è una cosa secondaria, e come sempre ripeteva, alla fine i guadagni servono per essere spesi. Credo che i suoi valori fossero altri. I suoi valori erano la generosità, l’altruismo.

Hai spesso detto esplicitamente che sull’omicidio di Gianni ci fossero troppi punti oscuri. Tutti si chiedono il rapporto che vi fosse tra Gianni e Cunanan, il suo assassino. Tu stesso ti chiedi il perché di una cremazione così celere e il perché dell’assassinio stesso. Hai dato diversi spunti di riflessione sul tuo libro biografico, ma vivendo con Gianni per tantissimi anni credo che tu conosca bene i rapporti umani che poteva avere o meno e le trame più nascoste della sua vita. Qual è la tesi che tu avvalori maggiormente basandoti sul tuo vissuto?
Io continuo a ribadire che la sua morte è stata una morte che qualcuno ha voluto. Posso avere delle supposizioni, ma non avendo prove, non avendo elementi sufficienti per poter incolpare qualcuno diventa difficile fare delle supposizioni. Diciamo che dentro, nel mio animo, sento e so che qualcuno un giorno deve pagare per la sua morte. Il suo assassinio è stata una cosa che è spuntata dal nulla. Evidentemente era qualcosa che doveva succedere in quel momento e non è successa per caso. Ti posso assicurare che Cunanan non è mai stato parte né delle conoscenze né della ditta. Si sa di questa persona ma non si sa il motivo, se perché fosse uno squilibrato o fosse stato mandato da qualcuno.

Intervista ad Antonio D’amico, compagno per 15 anni di Gianni Versace

Dopo aver testato sulla tua pelle quanto bastarda può essere la vita che per anni ti da tutto quello che puoi desiderare, fama, soldi, amore e che dopo averteli fatti assaporare quando meno te l’aspetti te li porta via, che approccio hai oggi nei confronti della vita?
Io affronto la vita come sempre. Io vivo giorno per giorno le mie emozioni e prendo dalla vita quello che mi arriva. Ero e rimango una persona molto curiosa nei confronti della vita e cerco sempre di rimboccarmi le maniche, guardando a quello che c’è di buono e mantenendo le cose importanti che per me sono gli affetti. Per il resto non mi preoccupo del domani. Sono sempre stato così.

In tutta la faccenda della post-morte di Gianni mi è sembrato che lo spirito di rassegnazione si fosse impadronito un po’ di tutti in pochissimo tempo. Quanto cresce il cinismo quando ci si ritrova ad avere tra le mani in una fortuna immensa come quella di Gianni?
Non lo so, perché non ho avuto il piacere di avere le mani  tutto questo ben di Dio. Purtroppo la mancanza di Gianni si è vista. Quando viene a mancare quello spirito di genialità e quindi la persona che ha costruito tutto, i risultati si sono visti nel tempo perché quello che era la Gianni Versace allora oggi non lo è più. E quindi credo che più che di cinismo si debba parlare di incapacità.

Hai scritto un libro sulla vostra storia dopo tanti anni dalla tragedia. Tra le tante motivazioni che hai dato alla realizzazione di questo elaborato c’era quella della fierezza dei rapporti omosessuali, c’era quella dello pseudo reality in versione postuma con lo scopo di conoscere meglio Gianni, ma non è semplicemente che forse hai preso le distanze da quel rapporto ed ora è entrato in gioco solo l’aspetto di lucro?
Vuoi sapere quanto guadagno per quel libro? Zero. Io ho passato dieci anni di crisi molto profonda legata alla mancanza di Gianni. Lo scrivere il libro, che oltretutto non è stato voluto da me, è stata la possibilità di togliermi un peso che mi sono portato addosso per tanti anni. Ma è stato ragionato anche per chiarire certi concetti. Il libro non è un romanzo ma una sorta di lunga intervista dove ci sono fatti. Per me è stato un omaggio a Gianni e non certamente speculazione perché oltretutto non ne avrei bisogno. Il libro è una lettera d’amore . E poi non ho paura di parlare della mia omosessualità. Parlo con forza e voce del nostro rapporto che tra l’antro è stato tra i primi nel mondo della moda a dichiararsi pubblicamente. È importante anche per le nuove generazioni capire cosa voglia dire avere un rapporto e soprattutto che è importante riuscire a vivere nella società e a non essere solo dei numeri nascosti

Ma la Versace family come ha reagito al libro?
Non ha reagito. Come può reagire? Io parlo della mia vita. Loro hanno dei diritti costituzionali ma io ho un diritto civile

Si è discusso sul testamento di Gianni che voleva te e la figlia di Donatella suoi eredi universali. Il testamento è stato eseguito?
Per legge è stato eseguito. Poi tutto quello che ne è venuto dopo è stato causa forse del fatto che la bambina fosse minorenne. Ma tutto quello che era stato costruito è stato squartato.

Come vive il tuo attuale ragazzo questo passato sentimentale perennemente alimentato dai media?
Lui mi ha conosciuto sapendo già chi ero. È una cosa che fa parte della mia vita e non ci si può far nulla. Lui sa che facevo parte di un mondo, sa chi era la persona che stava con me, ma se ha accettato di avere un rapporto con me ha accettato di vivere questa parte della mia vita.

E in futuro oltre a cucinare roba incredibile?
Sto organizzando una mostra, il 16 maggio a Palazzolo sull’Oglio, sulla mia vita con Gianni e dopo ci sarà un nuovo progetto nell’ambito della moda, legato ai giovani studenti.

Grazie

Antonio P.
Il libro “It’s your song. Gianni Versace ed Antonio D’Amico, quindici anni di vita insieme” è stato scritto da Rodolfo Mirri
Vannini editore

Foto| Antoniodamico.it

Red

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